A 250 anni dalla canonizzazione di San Girolamo Emiliani
(1767 – 2017)
Sono trascorsi esattamente 250 anni dalla canonizzazione di San Girolamo Emiliani, proclamato Santo dal Papa veneziano Clemente XIII il 16 luglio 1767. Due decenni prima il Papa Benedetto XIV, ex-alunno dei Somaschi per ben tredici anni prima a Bologna e poi al Clementino di Roma, lo aveva elevato all’onore degli altari con il titolo di Beato il 29 settembre 1747.
Si concludeva così un lunghissimo, tormentato cammino perché i Padri Somaschi potessero venerare pubblicamente il loro fondatore. Girolamo Emiliani fu subito ritenuto santo dal popolo cristiano di Somasca e della valle di San Martino che iniziò ad onorare la sua tomba e ad invocarne l’intercessione per ottenere grazie e miracoli.
Per motivare oggettivamente questa fama di santità iniziarono nel 1610 i processi canonici ordinari in varie città ove era ancora vivo il ricordo della sua presenza e della sua attività: essi durarono fino al 1615 e furono raccolte testimonianze di persone che lo avevano visto, purtroppo solo quattro, o che avevano sentito parlare di lui da altri testimoni diretti. Queste dichiarazioni costituiscono tuttora una fonte preziosa per scendere al cuore della spiritualità di Girolamo, fervente nella fede ed infaticabile nell’azione, educatore degli orfani, rifugio dei poveri.
Iniziò poi la seconda fase del processo, quello apostolico (1624-1634), necessario per ottenere il riconoscimento ufficiale della Chiesa. I vari documenti e le testimonianze raccolte confluirono a Roma e vennero consegnate alla Congregazione dei riti.
Il 1634 segnò tuttavia una brusca battuta d’arresto, perché il Papa Urbano VIII emise un decreto sulle cause di beatificazione e canonizzazione. Proibì ogni nuovo culto per chi fosse morto in odore di santità e stabilì che per la legittimità della venerazione di un beato occorreva la durata di cento anni. Girolamo era morto nel 1537, esattamente novantasette anni prima. I religiosi somaschi continuarono nella devozione al loro fondatore, sperando che fossero per così dire abbonati quei tre anni che mancavano al culto centenario, ma nel 1654 l’inquisizione di Vicenza, confermata da Roma, intervenne in modo drastico ed ordinò che il culto pubblico di Girolamo Emiliani fosse assolutamente rimosso in ogni opera e chiesa della Congregazione. I religiosi obbedirono, anche se con sommo dolore.
Sempre risoluti tuttavia a confermare la santità del fondatore, essi tentarono l’altra strada: la “via del non culto” (1679-1747). Compilarono la “positio”, il testo che provava l’eroicità delle sue virtù, ma occorrevano dei miracoli ottenuti per intercessione di Girolamo: essi andavano poi discussi e riconosciuti dalla Congregazione dei riti. Rimaniamo stupiti dall’infinità di cavilli, di questioni procedurali che bloccarono più volte questo cammino. I religiosi tenacemente continuarono sempre a proporre la santità, le grazie straordinarie ottenute per intercessione di Girolamo, finche il 23 aprile del 1747 il Papa Benedetto XIV emanò il decreto di approvazione dei miracoli. Egli stesso lo volle leggere in quel giorno ai religiosi ed agli alunni nella cappella del Collegio Clementino di Roma, dopo avervi celebrato la S. Messa.
Il 29 settembre 1747, festa degli Arcangeli Michele, Raffaele e Gabriele, Benedetto XIV, memore della devozione di Girolamo per Raffaele e gli Angeli custodi, lo proclamava finalmente beato in San Pietro.
Continuavano intanto a giungere da Somasca e da Venezia testimonianze di miracoli ottenuti per intercessione del Beato: due di essi vennero riconosciuti e finalmente con immensa gioia di tutta la Congregazione e della Repubblica di Venezia, che considerava il fondatore dei Somaschi come il miglior frutto laico di santità espresso dal suo patriziato, Girolamo Emiliani venne proclamato santo il 16 luglio 1767, festa della Madonna del Carmine. Assieme a lui fu anche proclamato santo Giuseppe Calasanzio, il fondatore degli Scolopi.
La statua di San Girolamo Emiliani in San Pietro
Cinque anni dopo la beatificazione di Girolamo, precisamente nel 1752, il definitorio dei Chierici Regolari di Somasca dispose che tutti i religiosi delle varie comunità contribuissero alle spese per l’erezione di una statua monumentale in marmo bianco di Carrara da collocarsi nella basilica di San Pietro. La statua costò ad esecuzione finita 1.200 scudi. Fu prima inoltrata la domanda per ottenere una nicchia. Il Papa Benedetto XIV segnalò le sue volontà al Padre Procuratore dei Somaschi, il P. Francesco Vecelli, architetto di valore, che curava allora la ricostruzione della Chiesa di Sant’Agostino a Treviso per onorarvi il nostro fondatore. Il Pontefice concedeva la grazia di una nicchia dalla misura di m.5.60 in altezza e di m.2,45 in larghezza nella crociera settentrionale della basilica, in una zona ancora relativamente libera e disponibile per statue monumentali e monumenti funebri. Nonostante i Padri propendessero per scegliere un artista lombardo, il Papa fu tuttavia categorico nell’imporre l’affidamento dell’esecuzione dell’opera, che con il piedestallo doveva raggiungere un’altezza di m. 4,70, allo sculture romano, da lui molto apprezzato, Pietro Bracci (Roma 1700 – Roma 1770). Questo artista lavorava in quel periodo alla statua di San Vincenzo de Paoli e realizzò in seguito, sempre per la basilica di san Pietro, la statua di un altro fondatore di ordine religioso, San Norberto.
Il Bracci era conosciutissimo a Roma. Il suo capolavoro profano (1759) a cui lavorò pochi anni dopo l’esecuzione della statua di San Girolamo è il grande gruppo marmoreo della fontana di Trevi, formato da Oceano che avanza su un carro trainato da due cavalli alati, l’uno agitato e l’altro placido, guidati da altrettanti tritoni.
La statua del fondatore dei Somaschi, con la scritta B. HIERONYMUS AEMILIANUS ORPHANORUM PATER CONGREGATIONIS SOMASCHAE FUNDATOR sul piedestallo fu posta in San Pietro nella sede attuale nel maggio del 1757, mentre si era in attesa della canonizzazione che avvenne dieci anni dopo.
Girolamo è rappresentato rivestito dell’abito proprio dell’Ordine con la veste talare ed un ampio pallio fissato sulle spalle e raccolto sia intorno al braccio sia sul ginocchio destro e poi fluente sulla tonaca fino a terra. Il braccio destro sostiene anche il libro delle Regola con la scritta in caratteri di bronzo dorato ORPHANO TU ERIS ADIUTOR, “Sarai aiuto all’orfano” che indica la missione specifica della Congregazione, sottolineata anche dal gesto quasi imperioso del braccio e della mano sinistra con l’indice puntato. Girolamo guarda in basso, quasi per incontrare gli occhi dei suoi religiosi e con le labbra appena semiaperte sembra voler proferire lui stesso queste parole.
Tuttavia i religiosi che commissionarono l’opera allo scultore Bracci vollero alludere anche alla vicenda umana e spirituale del Santo, alla sua vita militare, perché il piede destro poggia su una corazza e la comprime ed accanto al piede sinistro si notano i ceppi ancorati con una catena ad una grossa palla ed una chiave: evidentissimo il richiamo alla liberazione miracolosa dalla prigionia per l’intercessione della Vergine Maria, l’episodio che costituì l’inizio del suo cammino di conversione che lo portò poi alle vette della santità.
La torsione del busto in un senso e del volto nell’altro, le labbra semiaperte, i capelli e la barba fluenti, quasi mossi dal vento, ma orientati in direzioni opposte, il gesto deciso del braccio destro e del piede sinistro, il panneggio svolazzante del pallio, le pieghe fluenti della tonaca che creano effetti chiaroscurali, indicano anche il piglio militare ed il carattere deciso e teso all’azione di Girolamo.
Molte di queste caratteristiche di stile si possono vedere anche nel capolavoro laico del Bracci. Se andate a Roma e giungete alla fontana di Trevi, prima di voltarvi e di gettare di spalle la monetina nelle acque della fontana per auspicare un vostro felice ritorno in questa città, guardate attentamente la colossale statua di Oceano, opera posteriore di pochi anni dello stesso artista. Il volto di Oceano con i capelli orientati in un senso e la barba nell’altro, il panneggio del mantello mosso dal vento che scende dalle spalle del corpo nudo, avvolge i fianchi e cade fino a terra, l’atteggiamento dinamico e quasi danzante del dio che poggia il suo piede su una conchiglia richiamano alcune particolarità stilistiche e movenze che lo scultore aveva sperimentato in forma più composta e religiosa nel San Girolamo, destinato alla basilica di San Pietro.
Uno spazio “somasco” nel braccio destro della Basilica di San Pietro: i monumenti funebri a Benedetto XIV e Clemente XIII e le statue di San Girolamo Emiliani,San Gaetano Thiene e San Giuseppe Calasanzio
Se entriamo in San Pietro e percorriamo la navata destra nella basilica, dopo aver ammirato la cappella della Pietà di Michelangelo, l’altare di San Giovanni Paolo II, la cappella dell’adorazione del SS. Sacramento, giungiamo davanti all’altare ove è esposto il corpo si San Giovanni XXIII, il Papa bergamasco grande devoto di San Girolamo Emiliani. Se di lì voltiamo a destra, in un settore oggi solitamente riservato alle confessioni dei fedeli, ci troviamo in uno spazio, carico di memorie somasche perché raccoglie oltre alle nicchie del nostro santo e di alcuni fondatori, legati in qualche modo alla nostra storia, i monumenti funebri dei Papi Benedetto XIV, e del Papa Clemente XIII, posti in modo simmetrico ai due fianchi del braccio destro del transetto della navata.
Benedetto XIV, al secolo Prospero Lambertini, il Papa che ha proclamato beato Girolamo nel 1747, fu per molti anni alunno delle scuole dei Padri Somaschi prima a Bologna nel convitto dell’Accademia degli Ardenti, detta Del Porto e poi nel Collegio Clementino di Roma, ove si segnalò per la vivacità del suo ingegno, per la perfetta conoscenza del latino e per la sua cultura teologica. Laureato in teologia ed in diritto ecclesiastico e civile, divenne prima arcivescovo di Bologna, poi cardinale e Papa. Conservò sempre un grato ricordo dei suoi educatori: aveva una speciale devozione per il fondatore dei Somaschi, la cui vita e spiritualità conosceva molto bene grazie al lungo periodo trascorso nelle scuole della Congregazione. Profondo conoscitore del diritto ecclesiastico, fu soprattutto grazie a lui se la causa di beatificazione di Girolamo potè proseguire, alleggerita dai numerosi cavilli che inceppavano lo sviluppo del processo. Ci tenne ad annunciare di persona ai Somaschi nel Collegio Clementino il 23 aprile 1747 il decreto di approvazione dei miracoli ottenuti per intercessione di Girolamo.
Il suo monumento funebre è sempre opera dello scultore da lui preferito tra tutti, Pietro Bracci, lo stesso della statua del nostro Santo. Il Papa Benedetto XIV è in piedi col braccio destro proteso in avanti per indicare il suo carattere affabile e comunicativo. In basso sono scolpite due figure allegoriche, la Sapienza, per esaltare la cultura teologica e giuridica del Pontefice, ed il Disinteresse, quest’ultimo opera di Gaspare Sibilla su probabile disegno del Bracci, per sottolineare il distacco dal denaro e l’aiuto dato ai poveri.
Simmetricamente dall’altra parte del transetto destro è collocato il monumento funebre al Papa veneziano Clemente XIII, al secolo Carlo Rezzonico, che proclamò santo Girolamo Emiliani il 16 luglio 1767. E’ un’opera di Antonio Canova iniziata nel 1783 e strutturata su tre livelli. Al primo due leoni proteggono l’accesso al sepolcro; al secondo è posto il sarcofago con ai lati il Genio della morte e la Religione, al terzo vi è la statua del Pontefice inginocchiato e raccolto in preghiera con la tiara poggiata in terra in segno di umiltà.
La dimora della famiglia ove egli visse, la splendida Ca’ Rezzonico, che si specchia sul Canal Grande di Venezia, progettata da Baldassarare Longhena, è oggi un museo. Qui hanno trovato posto gli affreschi settecenteschi di Giambattista e di Giandomenico Tiepolo, provenienti dalla cappella di Zianigo (Venezia), dedicata al Beato Girolamo Emiliani, voluta soprattutto da P. Giuseppe Tiepolo, religioso somasco, figlio del grande pittore Giambattista: un piccolo segno che ci lega ancor oggi a questa potente famiglia veneziana, che si estinse per mancanza di eredi nel periodo napoleonico.
Sempre nella stessa zona del transetto destro, verso il centro, in direzione del grande baldacchino di bronzo del Bernini vi è la statua di San Gaetano Thiene, amico di Girolamo, da lui frequentato a Venezia a San Nicolò dei Tolentini: è rappresentato in abiti sacerdotali, intento alla predicazione. Nella nicchia di fronte al nostro Santo è collocato San Giuseppe Calasanzio, santificato nello stesso giorno dell’Emiliani, colto nell’atto di insegnare a due fanciulli. Con gli Scolopi anche la nostra Congregazione ha un’affinità educativa e gli inizi della loro opera in Roma furono appoggiati anche dai nostri Padri, già presenti nella città eterna.
Father Giuseppe Oddone